Gli sfilati: la storia

Storia dello Sfilato siciliano

La Sicilia vanta un’antica tradizione nella produzione di ricami e manufatti preziosi. I primi documenti pare risalgano al IX secolo durante la dominazione musulmana. Successivamente ricca è la produzione e la tradizione della biancheria ricamata, testimoniata dagli inventari dotali pervenuti e tradizionalmente costituita da lenzuola, coperte, tovaglie da tavola, ricamate con fili di seta o cotone, spesso d’oro o d’argento, e con rappresentazioni che traggono origine da antichi disegni medievali dell’alta aristocrazia.

Lo sfilato siciliano fece la sua apparizione in Sicilia orientale verso la fine del XIV secolo, nella provincia di Ragusa in particolar modo. Ampia diffusione si ebbe intorno al ‘500, soprattutto nel mondo nobiliare e del clero.

Lo sfilato siciliano a Ragusa ebbe poi una rinnovata diffusione intorno all’800 ad opera di Suor Maria Luna del Convento di Santa Teresa e Ester Manari La Rocca di San Germano, piemontese di origine e sposata a Ibla con il Barone La Rocca. Incuriosita infatti dai ricami rinvenuti in un antico baule, pare li abbia mostrati a Suor Maria Luna del Convento di Santa Teresa. A quel momento e alla capacità delle due donne viene fatto ricondurre la rinascita dello sfilato a Ragusa e la contemporanea costruzione nel 1850 della filanda voluta dal Barone di Donnafugata dove venivano lavorate fibre di cotone, lino e canapa.

Lo sfilato siciliano è oggi inserito giuridicamente nel R.E.I., il Registro delle Eredità Immateriali dell’Unesco, istituito dall’Assessorato dei Beni Culturali della Regione Sicilia, nel Libro dei Tesori Viventi, che concerne “la valorizzazione delle tradizioni orali e delle espressioni, […] i saperi legati all’artigianato tradizionale”.

Storia del Filet

La parola “filet” deriva dal francese e letteralmente vuol dire rete. Se non è facile stabilire una data di nascita precisa, ne è oramai assodata l’origine che va ricercata nella lavorazione delle reti da pesca. I pescatori infatti confezionavano le reti con filati ruvidi, di scarso pregio e con l’ausilio del modano, un grosso ago generalmente di metallo, munito all’estremità di una cruna aperta al di sotto del quale vi è una forcella nella quale si introduce il filo che poi viene fermato con un nodino e avvolto sull’ago. Il modano può essere di diverse grandezze a secondo della forcella e della grossezza del filo utilizzato. La realizzazione della rete richiede un abile utilizzo delle dita secondo una tecnica specifica; la rete può avere forma trapezoidale, rettangolare o quadrata.


La lavorazione della sola rete è molto antica, solo nei primi del XVI secolo iniziò la sua diffusione con i punti di riempitura. Terminata la rete era infatti necessario fissare il tutto su un telaio per poterla ricamare secondo il disegno prescelto.

II merletto con la tecnica a “filet” o rete ricamata è la tecnica più diffusa che viene usata ancora oggi e che viene chiamata “rete modano”.

La facilità di lavorazione e il raffinato effetto fecero sì che ben presto il ricamo su rete modano fosse usato nella creazione di complementi d’arredo, nell’abbigliamento femminile e nella realizzazione di paramenti sacri.

La tradizione del filet è molto diffusa nel nostro paese: in Sicilia, già dal ‘300, numerosi capi di biancheria in filet infatti arricchivano la dote delle nobili ragazze siciliane.